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Scritto da Redazione
interSVISTA
20 Ottobre 2020

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I ricordi di marzo sono indelebili, le conseguenze, però, ancora tangibili. Il terrore che tutto possa ricominciare è palpabile, viviamo appesi a un filo sul quale è necessario trovare il punto di equilibrio per non cadere giù. Ci sono aspetti di cui si parla poco, quotidianamente ci soffermiamo sulle regole da seguire, sugli aggiornamenti dei dati, sui decessi e le terapie intensive. Tutto giusto, purché questo non diventi un’ossessione, purché la paura del Covid-19 non si trasformi in qualcosa di peggiore del virus stesso.

A raccontarlo, oggi, è la dottoressa Manuela Giuliani, presidente responsabile del centro clinico Das di Lucca sulla via Sarzanese a S. Anna.

È una psicoterapeuta sistemico relazionale e ogni giorno affronta, insieme alla sua équipe, gli effetti che il Coronavirus ha avuto e sta avendo sulle persone.

Dottoressa Giuliani, lei è costantemente a contatto con gli altri. Ha notato, sia durante che dopo il lockdown, conseguenze psicologiche importanti?

Assolutamente e purtroppo sì. Nel periodo di lockdown in molte persone è insorto un disturbo acuto da stress la cui trascuratezza ha avuto effetti disarmanti. Abbiamo lavorato duramente affinché i nostri pazienti riuscissero a comprendere ciò che stava accadendo senza lasciarsi assuefare, in alcuni casi non è stato sufficiente. Ancora oggi stiamo cercando di combattere le conseguenze che quel periodo ha portato con sé, tra le più comuni ci sono l’insonnia, i problemi alimentari e i disturbi post traumatici da stress.

Oggi sembra di rivivere i giorni che hanno preceduto il periodo di chiusura forzata del nostro Paese, cosa accadrebbe se dovesse ricominciare tutto da capo?

Io le posso dire cosa avverrebbe nel mio campo, ovvero nella mente delle persone. Probabilmente molti, che ancora stanno cercando di superare i traumi lasciati dal primo lockdown, non riuscirebbero a reagire. È una situazione che mi preoccupa molto, ma credo che ci sia qualcosa di sbagliato in tutto questo: il linguaggio.

In che senso?

Beh, sembra che il Covid-19 si sia impossessato di noi. Non intendo soltanto la malattia in senso stretto, ma tutto ciò che gira intorno ad essa. Molti dei pazienti che ascolto, ma anche semplicemente osservando i passanti, sembra che si siano dimenticati che esista una vita al di fuori del Covid. Che un futuro è possibile e questo senso di impotenza rende le persone stressate aumentando così i disturbi psicosomatici. Per questo dico che un altro lockdown sarebbe davvero rischioso sotto l’aspetto psicologico.

Entrando più nei particolari, sarebbe possibile sapere come si manifestano i disturbi di cui ci sta parlando?

Sono ovviamente differenti da individuo a individuo, ma una cosa li collega tutti: la paura. È da questa emozione che poi arriva il resto, riuscire a darle un volto spesso può aiutare. Mi rendo conto, però, che nel mondo in cui viviamo oggi sia impossibile. La paura del Covid è difficile da identificare e di conseguenza da affrontare: questo può portare a conseguenze drastiche, dall’ansia, all’insonnia - come ho già accennato - fino ad arrivare a dei veri e propri attentati alla vita. Siamo animali sociali, abbiamo bisogno di interagire, di vedere l’interlocutore negli occhi, di toccarlo e abbracciarlo. In assenza di questi aspetti l’uomo ha crolli emotivi inevitabili.

A proposito di incontrare le persone, l’ultima ordinanza emanata dal presidente regionale Eugenio Giani prevede il divieto di fare visita ai parenti nelle Rsa, questo potrebbe avere ulteriori conseguenze?

Ovviamente se le regole sono queste vanno rispettate, però abbiamo già assistito a uno scenario del genere e ci sono state diverse ripercussioni psicologiche. Togliere l’affetto è un danno enorme. Un’ultima ricerca del Censis conferma che l’aspetto più importante per gli anziani sia dato proprio dalle relazioni, le quali inconsciamente trasmettono benessere mentale che si trasforma inevitabilmente in quello fisico e relazionale. Il problema è che all’interno di queste residenze sanitarie mancano gli psicologi e i dottori specializzati negli ambiti di cui stiamo adesso parlando e questo comporta una grave sofferenza per gli assistiti.

Oltre che medico, lei insegna anche. Cosa pensa della didattica a distanza, sempre sotto un aspetto psicologico ovviamente?

Questo è un argomento a cui tengo moltissimo. Insegno psicologia all’università di Pisa alla facoltà di infermieristica e posso dire che avere degli alunni al di là di uno schermo è complicatissimo, se non impossibile. L’attenzione cala per forza di cose, inoltre non si percepisce la presenza dell’altro, manca il linguaggio - sia verbale che non verbale. La scuola non è solo una lezione asettica, è costituita da molti fattori, se ne manca anche soltanto uno non è più definibile in questo modo e ad oggi è assente quello essenziale: il comportamento umano.

Ci piacerebbe che desse lei un consiglio a tutte quelle persone che si lasciano assuefare dal bombardamento di notizie e che a causa di un’informazione non corretta rischiano di rovinarsi la vita.

Ridurre al minimo l’utilizzo dei media che parlano di Covid-19: sembra scontato, ma in realtà è il più difficile da mettere in pratica. C’è un motivo ben specifico se mi trovo a dire queste cose. Parlare del virus, sapere come comportarsi, avere la consapevolezza di ciò che sta accadendo nel mondo è giusto, anzi è un dovere. Dobbiamo, però, ricordarci che questo è solo uno dei tanti aspetti che costituiscono la vita di una persona. Non possiamo permettere al Covid di impossessarsi di noi. Ci sono tantissime problematiche di cui non si parla, ci sono molte piccole cose per cui gioire durante la giornata ed è necessario ricordarlo sempre. Quotidianamente dobbiamo fermarci a pensare a tutto ciò che non riguarda il virus, questo è l’unico modo per continuare a vivere.

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