Suicidio assistito, la norma toscana sul fine vita finisce nel mirino dell’Avvocatura dello Stato: “Contraria ai principi della Costituzione”

Paziente in ospedale - Lagazzettadimassaecarrara.it

Paziente in ospedale - Lagazzettadimassaecarrara.it (Fonte Pixabay)

In Toscana, la legge sul fine vita diventa un caso esplosivo e sfida Roma: nuovo braccio di ferro tra la Regione e il Governo.

Lo scorso 11 febbraio, il Consiglio regionale della Toscana ha approvato con un voto storico la prima legge italiana che disciplina in modo dettagliato il suicidio medicalmente assistito. Un tema scottante, e che continua a dividere sia il comparto politico che l’opinione pubblica.

La norma, infatti, promossa da un’iniziativa popolare caldeggiata da enti come l’Associazione Luca Coscioni, è passata con 23 voti favorevoli e 13 contrari, ma solo in seguito a un acceso dibattito durato due giorni, ed è destinata a tornare nuovamente sotto ai riflettori nazionali.

In sostanza, la legge toscana stabilisce le procedure, i tempi e le modalità con cui i malati terminali possono accedere al suicidio assistito, in attuazione di alcune sentenze della Corte Costituzionale (in particolare, quella sul caso Cappato-Dj Fabo).

Il testo prevede che il richiedente possa presentare la domanda alla propria ASL di competenza, che dovrà in seguito valutare i suoi requisiti clinici e psicologici entro un termine definito: se l’istanza viene accolta, il farmaco letale potrà essere somministrato con il supporto concreto del Servizio Sanitario regionale, e completamente a carico del sistema pubblico. Una norma che, però, sta incontrato una forte opposizione da parte dell’Avvocatura di Stato.

Tra etica e responsabilità politiche

Eugenio Giani, recentemente rieletto Presidente della Regione Toscana, ha difeso appassionatamente la legge, definendola un “atto di civiltà” e sottolineando come la Toscana abbia voluto colmare un vuoto normativo nella legislazione vigente.

Una posizione ovviamente legittima, ma che ha sollevato un’ondata di polemiche da parte del centrodestra, che ha bollato la norma come una sorta di scorciatoia ideologica e un’invasione di campo, spingendo il Governo a impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale. Oltre al tema del fine vita, notoriamente delicato, si pone infatti un’ulteriore questione: una Regione ha la facoltà di regolamentare una materia così scivolosa, in grado di impattare sul diritto di vita e di morte?

Marco Cappato - Lagazzettadimassaecarrara.it
Marco Cappato – Lagazzettadimassaecarrara.it (Fonte X)

Il ricorso dell’Avvocatura di Stato

Ed è proprio su quest’ultimo tema che si è concentrato il ricorso recentemente presentato dall’Avvocatura di Stato, rappresentante la posizione della Presidenza del Consiglio nell’udienza pubblica di fronte alla Consulta.

Nel corso della seduta, gli avvocati Gianna Galluzzo e Giancarlo Caselli hanno sostenuto che la legge toscana violerebbe l’articolo 117 della Costituzione, che riserva unicamente allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile e penale. Secondo la tesi dei due professionisti, la disciplina del suicidio assistito incide su diritti personalissimi – come la vita e l’integrità fisica – e richiede perciò un’uniformità normativa che solo il legislatore nazionale sarebbe in grado di garantire. Ora la Corte Costituzionale è chiamata a decidere se la Toscana si sia spinta troppo oltre oppure no: la sentenza potrebbe infatti riscrivere i confini tra le autonomie regionali e i diritti fondamentali.