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Scritto da Redazione
Cronaca
06 Maggio 2024

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Qualche giorno fa si è tenuto a Massa il convegno organizzato dal Partito Repubblicano - Sezione Giuseppe Mazzini di Massa e dai Verdi di Massa sulle problematiche connesse all’erosione del litorale massese. Ciò che ha spinto i promotori a organizzare l’incontro sono stati l’evidente aggravarsi delle condizioni del litorale massese e l’assenza di una concreta strategia di intervento che, nonostante la presenza di progetti già elaborati e validati, vada oltre i ripascimenti i cui “effetti-tampone” sono rapidamente vanificati all’azione erosiva del mare. Queste riflessioni del PRI muovono dalla presa d’atto che il nostro territorio è caratterizzato da almeno quattro importanti elementi di fragilità strettamente legati tra loro: economico-sociale, culturale, politica e ambientale. La provincia di Massa Carrara è la più povera della Toscana dal punto di vista di redditi e attività produttive. Dal punto di vista culturale,  non riesce a valorizzare il suo patrimonio trasformandolo in una risorsa socio-economica. Queste due “fragilità” sono causa ed effetto di una rappresentanza politica incapace di far valere a livello regionale e nazionale le ragioni di un territorio che avrebbero invece bisogno di essere espresse e sostenute con una visione di lungo periodo. Infine, la fragilità ambientale, risultato dell’inadeguata programmazione di interventi razionali ed efficaci.

 Una parte consistente del territorio tra i comuni di Carrara e Massa è stato gravemente inquinato da industrie introdotte senza tener conto del dovuto rispetto di un ecosistema complesso e della salute: una scelta di politica industriale devastante su molti fronti. Sempre seguendo la logica del primato economico, le Apuane sono state divorate  con danni ingenti e irreversibili al paesaggio e all’integrità dell’ambiente senza neppure un corrispettivo economico per la comunità. Dal convegno è emerso in modo chiaro che l’erosione costiera è una conseguenza anche di queste fragilità del territorio. La riduzione dell’apporto di sedimenti da parte dei fiumi causata dall’escavazione delle sabbie, la costruzione del porto di Carrara e l’assenza di interventi organici e realmente efficaci impongono la ricerca di soluzioni effettive per rimuovere le cause dei danni e porre rimedio agli inutili e costosi interventi messi in atto. Soprattutto, però, occorre urgentemente individuare e mettere in pratica strategie lungimiranti e concrete per salvaguardare il litorale, anche alla luce dei mutamenti climatici, assicurando le condizioni necessarie per sviluppare le sue potenzialità economiche e culturali nel pieno rispetto dell’ambiente. Il convegno ha posto drammaticamente in evidenza come i problemi principali dell’erosione siano da ascrivere soprattutto al “fattore umano”, cioè alla “fragilità” - ovvero all’incompetenza e alla biasimevole inconcludenza della classe politica che ha governato e governa le istituzioni. È una fragilità che consiste, in particolare, nella messa in secondo piano del bene comune rispetto all’interesse privato e nella mancanza di un rapporto profondo e stabile tra la conoscenza del territorio, la “scienza” da cui trarre le soluzioni necessarie, ed i soggetti istituzionali preposti a decidere assumendosi nei confronti della collettività le necessarie responsabilità tecniche, etiche, personali e politiche. Il rapporto tra scienza e decisione politica è molto complesso e richiede il reciproco riconoscimento dei ruoli e il coraggio di scegliere tra le diverse opzioni presentate dalla scienza tenendo presente il valore preponderante che deve essere quello del bene della collettività, ma è un rapporto indispensabile che, per quanto riguarda il problema dell’erosione, sembra non essersi mai compiutamente realizzato. Non è più possibile nascondere le proprie responsabilità scaricando sulla Natura la colpa di fenomeni che hanno nei comportamenti umani la loro causa primaria e la loro origine.

 Tutti i tecnici hanno lamentato la cancellazione della memoria di quanto di importante è stato fatto nel passato, a partire dal mancato utilizzo dei dati scientifici e tecnici che sono stati raccolti nell’arco di oltre cinquant’anni, dei progetti che sono stati elaborati e hanno avuto anche riconoscimenti pubblici rispetto alla loro validità ma che non si è mai realmente cercato di attuare. Ci sarebbe da chiedersi per quale ragione. A chi ha giovato “girare attorno al problema” anziché affrontarlo e risolverlo? Forse oggi la situazione dell’erosione costiera sarebbe profondamente diversa se chi ha avuto e ha responsabilità politiche avesse avuto il coraggio di fare delle scelte sulla base delle conoscenze messe a disposizione e le avesse attuate. Sono stati privilegiati invece interventi immediati quali i ripascimenti con sabbie non adatte e, nello stesso tempo, contese tra i vari comuni del litorale toscano; interventi già tentati nel passato che si sono dimostrati di dubbia o nessuna efficacia. Inoltre, sono prevalse nella gestione del problema erosivo, logiche conflittuali nelle quali i soggetti più forti hanno dimostrato di saper fare prevalere i propri interessi. Da qui nasce anche la forte sfiducia, evidenziata in diversi interventi al convegno, nei confronti della costituzione del gruppo di lavoro promosso all’Autorità Portuale di Marina di Carrara in previsione del nuovo piano regolatore del porto che prevede un ampliamento dello stesso. Il timore, fondato e concreto, è che i soggetti più deboli - in questo caso il Comune di Massa che è quello sul quale si concentrano i danni maggiori prodotti dall’erosione - nell’ambito di una logica che non potrebbe che essere di mediazione e negoziazione, non siano in grado di trattare “alla pari” con altri soggetti che fanno parte del Comitato ma che non presentano gli stessi problemi e che – anzi – sono portatori di interessi divergenti. Non è accettabile che, in questa prospettiva, il soggetto più debole debba subire decisioni che tengano in nessuna considerazione i bisogni e le urgenze del litorale massese, istanze che sono assolutamente diverse da quelle di Carrara e del suo porto (o anche di Forte dei Marmi), in quanto il litorale di Massa ha nel turismo estivo balneare la sua risorsa principale, risorsa che viene continuamente distrutta dall’azione devastante dell’erosione. È evidente che tale esigenza di tutela entra in aperto conflitto con chi ritiene che il porto di Carrara sia la principale fonte di crescita economica del nostro territorio. È un conflitto che deve trovare una soluzione nel riconoscimento, formale e sostanziale, della legittimità dei diversi interessi e nella necessità di bilanciare gli effetti negativi degli interventi in modo che nessuno dei soggetti in causa debba subire - da solo – tutte le conseguenze negative degli interventi posti in essere per sostenere ad ogni costo gli interessi dei soggetti politicamente, o economicamente, più forti. Illuminante a questo proposito è anche il recente comunicato della segreteria comunale del Partito Repubblicano di Carrara in difesa piano regolatore del porto, comunicato in cui non si fa alcun cenno alla necessità di armonizzare gli interventi al fine di rispondere ai bisogni legittimi di tutte le aree del territorio apuo-versiliese. Anzi si promuove lo sviluppo del porto di Carrara come unica fonte di sviluppo e si accenna alle potenziali risorse fornite dal turismo crocieristico il quale - molto probabilmente – costituisce invece un elemento negativo per lo sviluppo di una reale risorsa turistica locale che deve trovare in altre risorse, quelle paesaggistiche, storiche e culturali locali, i reali punti di forza per una crescita qualitativa ed ecocompatibile. Il nostro territorio non ha quelle caratteristiche adatte al turismo massivo,“mordi e fuggi” delle crociere. Ammesso e non concesso che sia un turismo da sostenere. Per promuovere un turismo di qualità, in una zona come la nostra, occorre far fronte a quelle fragilità emerse dal convegno sull’erosione costiera. Occorre soprattutto risolverle in senso positivo con capacità di visione futura. Non si può accettare la logica che vede in una presunta “crescita economica quantitativa” l’unico parametro per scegliere gli interventi di carattere strutturale da sostenere. O piuttosto, lasciare che siano le compagnie di navigazione a determinare e imporre la qualità del turismo che non vogliamo sul nostro territorio. Questo non vuol dire schierarsi contro l’allargamento del porto, ma piuttosto tener presente che il territorio deve essere uno spazio condiviso di rilievo quantomeno provinciale e, in quanto tale, è necessario - quando si progettano interventi - tener presente gli interessi di tutti i soggetti che su quel territorio convivono. Certo, per portare avanti una strategia diversa sarebbe necessaria anche la capacità di pensare e di proiettare le scelte politiche e amministrative su tempi lunghi, tenendo conto di tutti quei fattori di cui siamo a conoscenza oggi e che possono incidere sugli esiti degli interventi da progettare. Sarebbe necessaria anche una maggiore capacità di coordinamento e di confronto tra i vari soggetti politici ed economici presenti sul territorio, capacità che evidentemente manca anche all’interno del nostro stesso partito, come dimostra quel comunicato dei repubblicani di Carrara. Sono queste capacità che oggi mancano e che sono la causa prima dello spreco di risorse al quale assistiamo.Progettare in un’ottica non episodica e non legata soltanto alle urgenze immediate richiede il superamento della inadeguatezza culturale che contraddistingue l’odierna politica. Giustamente, durante il convegno è emerso che per fare scelte progettuali oggi valide è necessario da un lato tener presente i bisogni concreti immediati e, dall’altro, le prospettive di lungo periodo legate a fenomeni quali il cambiamento climatico, l’innalzamento dei mari, la diminuzione dell’apporto dei sedimenti da parte dei fiumi e così via. Solo tenendo uniti questi due livelli è possibile progettare qualcosa affrontando i problemi immediati di oggi ma che possa mantenersi valido anche di fronte a scenari futuri, anche molto diversi da quelli attuali, come si prospettano sulla base delle conoscenze scientifiche che sono a nostra disposizione. Ma per elaborare un progetto del genere sono necessarie competenze scientifiche in grado di offrire scenari alternativi, capacità di operare scelte ragionate e, infine, la capacità di creare condivisione tra i diversi soggetti, tutte cose che chi ha gestito degli ultimi venti anni non è stato assolutamente in grado di elaborare. Chi ne paga le conseguenze sono i cittadini e le attività sociali ed economiche di un territorio messo a dura prova dalla natura ma, soprattutto, all’inettitudine di chi ha - o ha avuto - la responsabilità di governare, di affrontare, ed anche di (non) risolvere i problemi.

 

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